Vi sono diverse opinioni sul ruolo che hanno la tragedia e la commedia nella vita degli uomini, e sul loro rapporto con la filosofia. Per trattare meglio quest'argomento è doveroso indicare la concezione di filosofia cui si farà riferimento, a tal proposito ricorreremo a Heidegger ed alla definizione di quest'ultima disciplina contenuta in Essere e tempo: "La filosofia è un'ontologia universale e fenomenologica, movente dall'ermeneutica dell'Esserci, la quale, poiché analitica dell'esistenza, ha assicurato il termine del filo conduttore d'ogni indagine filosofica nel punto dove l'analisi sorge e infine ritorna". È proprio all'analitica esistenziale che questi due generi potranno essere utili, sia mostrando l'uomo in quanto tale, sia proponendo delle soluzioni, dei farmaci, ai problemi che la filosofia esistenziale ci mette in condizione di vedere. Per la seguente trattazione terrò conto, per la commedia, del Miles Gloriosus di Plauto e di Un marito ideale di Oscar Wilde; per la tragedia userò, a titolo di esempio, il Tito Andronico di Shakespeare e l’Edipo re di Sofocle. Per l'ultimo capitolo non nascondo di aver avuto molte difficoltà a trovare un testo adatto alla mia trattazione. Ho ritenuto di dover tener conto dell'Odissea, considerata da Aristotele l'origine sia della commedia sia della tragedia. La commedia è comunemente considerata una composizione teatrale a lieto fine, che ha come oggetto situazioni di vita quotidiana. Noi ci scostiamo da quest'opinione, infatti, mentre la tragedia ci mostra l'angoscia insostenibile, l'impossibilità di sfuggire al proprio destino, la commedia ci mostra l'assurdità dell'esistenza, il suo lato comico. Alla tragica logicità del male, la commedia contrappone l'assurdità della follia. La tragicommedia, come vedremo, mostra entrambi questi aspetti. Razionalità e irrazionalità, angoscia e follia sono rappresentate insieme sul palcoscenico come testimonianza dell'antinomia della realtà, sempre presente e irrisolvibile. La commedia ci fa vedere la verità sugli uomini, invischiandoli in situazioni ridicole, per poi mostrarci come il suo eroe, tramite l'astuzia che lo contraddistingue, riesca sempre a liberare se stesso e gli amici da situazioni pericolose. Ad esempio, nel Miles, Plauto ci mette di fronte ad una figura di eroe che, a mio parere, è emblematica. Palestrione, servo del militare stolto, s'ingegnerà affinché i suoi amici possano farla franca. Wilde non si discosta da questa figura di eroe anti-eroe. Il suo paladino è un nobile britannico, Lord Goring, abile nel destreggiarsi in situazioni mondane, vediamo come lo descrive l'autore: “Ha trentaquattro anni, ma dice sempre d'essere più giovane. Ha dei bei lineamenti un pò sbiaditi. E' intelligente, ma non ama esser considerato tale. È un perfetto corteggiatore, ma gli dispiacerebbe esser preso per un romantico. Scherza con la vita ed ha buonissimi rapporti con tutti. Gli piace essere frainteso perché questo lo mette in posizione di vantaggio rispetto agli altri". Le figure proposte come modelli dagli autori che abbiamo citato sono assai differenti da quelle che comunemente sono portate a modello: uno schiavo e un giovane farfallone ci permettono di vedere come con astuzia ed ingegno si possano affrontare le situazioni paradossali che la vita ci presenta. Appare allora evidente l'utilità filosofica di questo genere letterario, esso svela l'intrinseca follia della vita, la sua irrazionalità, e propone una gamma di soluzioni agli enigmi che questa pazzia suscita. La commedia, quindi, è ciò che esprimerla follia dell'esistenza. La tragedia è di difficile definizione, rispetto a quella della commedia. In questo caso l'opinione comune non fornisce un parere unanime dal quale cominciare la nostra trattazione. Per noi essa è un genere nel quale viene affrontato il rapporto dell'uomo con il destino, ed in particolare con un destino malvagio. Nella tragedia l'uomo è messo di fronte a ciò che non può essere affrontato, ad un dolore che è più grande della morte. La figura dell'eroe tragico è quella di un essere umano costretto a pagare con sofferenze indicibili delle colpe commesse da lui o impostegli dagli dei, dalle problematiche che l'eroe della commedia poteva ancora affrontare si passa a quelle impossibili da sconfiggere. Dalla follia, della quale si poteva ancora sorridere, si passa alla sofferenza che è, a nostro avviso, la caratteristica della tragedia. Tale sconforto privo di consolazione è espresso assai bene nell’Edipo re di Sofocle. Quando il re di Tebe entra in scena dopo essersi trafitto gli occhi per punirsi della colpa che ha commesso (l'assassinio del padre ed il matrimonio con sua madre), lo spettatore non può non lasciarsi travolgere dalle sue parole: "Io non so con quali occhi, nell'Ade, avrei potuto volgere lo sguardo a mio padre e a mia madre. Per il male compiuto non bastava la morte violenta. Potevo ancora allietarmi nel volto dei miei figli, nati da quella madre?". Anche Shakespeare sembra volerci rendere partecipi di questa sofferenza insolubile quando fa dire al suo Tito: "La mia angoscia era già al colmo prima del tuo arrivo (si riferisce all'arrivo della figlia alla quale sono state tagliate le mani e la lingua); ma ora, come il Nilo in piena, scavalca i margini". Ma qual è l'importanza della tragedia per il discorso filosofico? Essa può divenire un mezzo attraverso il quale il filosofo ci mostra il risultato della sua analitica esistenziale, il mezzo attraverso il quale rivelare la realtà angosciosa. La tragedia esprime, in forma drammatica, l’angoscia dell’esistenza. Vediamo tuttavia che la tragedia da sola non è completa. La tragicommedia, anche di quest'ultima la definizione è assai difficile. Infatti anche in questo caso il significato corrente di tragicommedia non è di nostro interesse. Risulta molto più importante l'idea di tragicommedia come il risultato ultimo e più completo dell'unione della commedia sopra descritta e della tragedia. Mentre la prima trattava i sui problemi in modo da renderli risibili, la seconda lasciava affogare i propri personaggi nel male. La tragicommedia ha il compito di unire entrambi i sentimenti portandoci ad un più autentico contatto con la realtà che è, essa stessa, tragicomica. Non nego di aver trovato non pochi problemi nella ricerca un simile genere di tragicommedia, infine mi sono ricordato delle parole di Aristotele il quale supponeva che sia il genere tragico sia il comico derivassero dai poemi omerici. È all'Odissea, perciò che ho deciso di ispirarmi per la descrizione di un esempio di tragicommedia. Nel poema sono contenute le caratteristiche di entrambi i generi, Ulisse è costretto ad affrontare situazioni capaci di suscitare l'ilarità dello spettatore, ad esempio quando gli uomini di Ulisse vengono trasformati in porci per pio essere liberati dall'incantesimo, ed allo stesso tempo è sottoposto continuamente al giudizio degli dei e ai capricci del destino, ad esempio quando Odisseo perde i suoi compagni, puniti per un offesa agli dei, vittime di un naufragio. Non sfugga comunque al lettore che l'opera di Omero si avvicina più alla tragedia che alla commedia. Risulta da quanto abbiamo affermato che la tragicommedia è il genere più importante e completo fra quelli analizzati in quanto ci permette di entrare in contatto con la tragica comicità del reale. D'altronde anche Platone riteneva “che lo stesso autore deve saper comporre e commedie e tragedie, e chi con la sua arte è tragediografo deve essere anche commediografo”.
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